Sono stata una femminista anch’io e ho lottato negli anni ’70 per i diritti delle donne. Conosco tante donne che hanno usufruito della legge 194. Ho avuto a che fare con la sofferenza, il vuoto e i sensi di colpa che ne derivano, ma credo che ogni decisione spetti sempre alla donna.
Diversamente dalle femministe storiche, però, non ritengo che il Ministero delle Pari Opportunità sia stata una gabbia o un contentino, per così dire. E non sono neppure d’accordo con chi sostiene che non abbia prodotto nulla, al contrario!
Come Presidente di PWN Rome (Professional Women Network), un’Associazione no profit, che si occupa a livello internazionale di empowerment femminile, tengo molto alle pari opportunità e mi preme sapere come la Ministra Roccella intenda andare avanti sulla strada già segnata dal PNRR e dall’obiettivo n. 5 dell’ONU.
La situazione delle donne in Italia è nota.
Sulla parità di genere il nostro paese è al 14^ posto tra i paesi UE (vedi la classifica del Gender Equality Index). Solo il 50% delle donne è occupata. Le attività domestiche e di cura impegnano le donne molte ore in più alla settimana. La maggioranza delle aziende è nelle mani di un uomo, solo il 18% delle donne ricopre posizioni dirigenziali e solo il 3% ricopre incarichi di vertice (da AD).
A parità di posizione lavorativa, le donne guadagnano molto meno e fanno fatica a fare carriera.
C’è qualcosa che non va.
Soprattutto se vediamo che il numero delle donne laureate in Italia è superiore rispetto ai maschi, si laureano in più breve tempo e con voti migliori, poi però, si perdono.
Ma la domanda che mi pongo è: non scelgono gli studi scientifici STEM perché sono inadeguate o perché trovano barriere all’ingresso?
Il problema non sono le donne.
Dopo quaranta anni di lavoro manageriale in numerose aziende industriali e di servizio, mi sento di affermare che il problema non sono le donne, ma i contesti sociali e organizzativi che non le favoriscono.
In Italia, poi, le sedi decisionali del mondo politico, economico e istituzionale sono in prevalenza nelle mani del genere maschile (la foresta di giacche e cravatte), che nella selezione utilizza criteri di cooptazione (ognuno sceglie i propri simili) non obiettivi, spesso in funzione di lobby e consorterie.
Per fortuna la sensibilità su questi temi è notevolmente aumentata negli ultimi anni, le nuove generazioni sono più sensibili e noi siamo ottimiste.
Cosa chiediamo alla Ministra Roccella?
Che si vada avanti con la strada segnata dal PNNR, che prevede obiettivi di inclusione e coesione, con la condizionabilità al 30% dell’occupazione giovanile e femminile e stanziamenti per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile.
Che si vada avanti con la legge n. 162 approvata nel novembre 2021 e che ha esteso alle aziende fino a 50 dipendenti l’obbligo di certificazione della parità di genere (con penalità in caso di inadempienza, ma anche premialità).
Che si vada avanti con la certificazione UNI 125/2022 in cui sono state presentate le prassi di riferimento e che ha introdotto la presenza di un ente certificatore.
Che si supportino le piccole e medie imprese nella certificazione di parità.
Che si monitori l’avanzamento con l’implementazione di strumenti per effettuare la Valutazione di Impatto di Genere e la istituzione di una Commissione Parlamentare Permanente.
Che si lavori per un aumento della rappresentanza femminile in tutte le istituzioni e organizzazioni pubbliche e private sulla base del merito e della competenza.
Che si favoriscano le aziende virtuose con premialità e attribuzione di punteggi in caso di gare.
Le leggi servono, cara Ministra e vanno fatte applicare. Ma noi faremo la nostra parte, perché non vogliamo che ci sia regalato niente. Per andare avanti non vogliamo perdere noi stesse, né essere imposte con una qualche “quota di genere”.
Investiremo sui nostri talenti, punteremo sullo studio, sulla competenza e poi sull’autostima, la grinta, la rabbia e la determinazione. Ma soprattutto avremo cura delle persone accanto a noi, per aiutarle a renderle consapevoli del loro valore, secondo un modello di leadership inclusivo e generativo. E poi ci misureremo con obiettivi, risultati e strategie, perché l’impresa non ha genere. Se ci aiutate con asili, assegni e genitorialità condivisa, torneremo pure a fare figli.
Ma vogliamo essere noi a decidere.
Un’ultima cosa, concedetemela.
Dalla mia esperienza ho potuto constatare che, quando le donne vanno in valutazione, a parità di background scolastico, di competenze ed esperienze, escono sempre meglio dei loro colleghi. Per quale ragione? Perché possiedono intelligenza emotiva, che è la competenza che fa la vera differenza in un percorso di carriera.
Forse è per questo che le donne fanno “paura”!
Buon lavoro a Lei, Ministra, e a Giorgia Meloni. Se desiderate qualche consiglio, noi siamo qui.
-Amedea Pennacchi, Presidente di PWN Rome (Professional Women Network)
Grazie mille Laura, condivido in pieno le tue riflessioni, così come sono fiduciosa sulle nuove generazioni. In tal senso la scuola ha un ruolo importante da svolgere, educando i giovani al valore della conoscenza, del rispetto e della diversità.
Cara Amedea credo proprio che l’autodeterminazione e la libertà di scelta siano gli elementi fondamentali per portare cambiamento. Devo essere libera di essere chi voglio e la politica dovrebbe contribuire a creare un ambiente e le condizioni in cui io come donna possa essere libera di scegliere. Non condivido per nulla l’enfatizzazione del ruolo sociale della donna come mamma, i figli si fanno in due e se si vuole dare importanza al ruolo sociale di chi fa figli allora si deve spostare l’attenzione sul genitore. C’è molto da fare ma credo che la società civile sia più avanti della politica e credo molto nelle nuove generazioni perché vedo che sono avanti. Grazie per le tue riflessioni e spero di leggerti di nuovo presto, ciao Laura